Abstract
L’alta offerta di contenuti mediatici avrà impatti sulla memoria e sulla capacità di saper immaginare. La quantità, qualità e varietà degli stimoli visivi possono determinare o meno l’appiattimento dell’immaginazione alterando anche la capacità creativa della persona.
L’immaginario personale condiviso, la cui ricchezza dipenderà dalla scelta di impressioni, immagini e parole trasmesse, costituirà il patrimonio sociale e sarà usato per realizzare immagini e testi tramite gli strumenti di AI. Il rischio è che chi avrà maggiore visibilità potrà avere maggiore influenza e, a lungo andare, i risultati di AI potrebbero essere appiattiti su una forma di omogeneità perché derivati da un bacino d’utenza che si è alimentato con le stesse fonti. Forse mancherà l’originalità e, semmai questa sarà trovata attraverso algoritmi che simulano tale capacità umana, si può pensare che i fruitori di tale esperienza potrebbero essere stimolati e motivati a esprimersi con la propria immaginazione per ripartire con un nuovo ciclo artistico.
I cicli sperimentati nel corso del tempo sono il lavoro di dettaglio, l’astrazione di forme viste e incontrate, e infine il solo colore che può portare la mente umana a cercare una svolta. E può essere il bianco a riassumere le sensazioni, la tabula rasa apparentemente priva di elementi ma densa di pieghe, che è insieme il dettaglio e la sintesi del tutto da cui ripartire per immaginare ed intraprendere nuovi percorsi.
L’alta offerta di contenuti mediatici, impatti sulla memoria e l’importanza del saper immaginare
Molte domande si presentano alla mente e le risposte richiedono tempi ed esperienze che vanno oltre quelle di cui dispongo, ciononostante provo a elaborare un pensiero-risposta attraverso alcune riflessioni che attingono dal vissuto e dallo stare nel labirinto delle immagini proposto dall’attuale contesto di vita.
Nel passato il mondo delle immagini era patrimonio dell’arte, oggi questo ambito appare marginale perché superato, nella quantità, dal proliferare di immagini a cui siamo giornalmente sottoposti dalla tecnologia che ci accompagna. Occorre considerare che quantità e qualità degli stimoli visivi possono determinare o meno l’appiattimento dell’immaginazione, alterando anche la capacità creativa della persona. Il pensiero è sempre presente in noi, ma forse solo quando ne siamo coscienti le immagini vengono associate ai pensieri stessi. Le figure sono dunque fondamentali per la memorizzazione delle esperienze. Nella memoria, le immagini sono anche una sintesi di tutto quanto ci è accaduto di incontrare. Il cercare di avere un pensiero originale e documentato, invece di attestarsi solo sul pensiero più diffuso e disponibile, farà la differenza per i singoli e anche nel determinare la tipologia dell’immaginazione collettiva. Si può pensare che del tutto l’immaginario personale resterà una sintesi, il tanto visto sarà sommato e forse ridotto a un filo quale prezioso conduttore dell’esperienza.
È importante immaginare perché, attingendo dalla memoria, si rivive quanto vissuto, letto e/o ascoltato, e con la mente di oggi si immagina il passato com’era. Ciò aiuta successivamente a sperimentare, elaborare e quindi immaginare il futuro come sarà, perché il nuovo ha le radici nel passato. Tra l’immaginazione e la memoria vi è armonia in quanto entrambe collaborano alla realizzazione della personale visione di ciò che ci circonda. L’insieme delle esperienze è una concatenazione di immagini e parole, le cui parti significative sono raccolte e archiviate in più punti delle sinapsi laddove si memorizzano le esperienze e da dove ritornano alla mente rimodulando ogni volta le nostre percezioni più recenti.
Figure, parole e concetti. La funzione di memorizzazione e il leggere, ascoltare o guardare, parole e immagini singolarmente o tra loro abbinate
Riflettendo sull’esperienza del leggere un testo con o senza immagini associate, sembra che in assenza di immagini la mente sia più libera di creare relazioni nuove recuperando collegamenti dalla memoria. In presenza di immagini sono invece primariamente queste a indirizzare l’attività mentale e l’immaginazione viene influenzata, forse anche arricchita, da ciò che si sta vedendo. Quando si ascolta una persona che parla o legge – ad esempio a una conferenza, piuttosto che ascoltando una lettura in broadcast mentre siamo fermi oppure in cammino –, oltre da ciò che si sta ascoltando ci sono stimoli provenienti anche dal contesto fisico dove siamo, persone, architettura e natura del luogo. A una mostra sono le opere esposte e anche la scelta della loro disposizione in sequenze a stimolare l’immaginazione attivando i possibili rimandi a esperienze passate per poi integrarsi e divenire una nuova traccia nella memoria.
Se le immagini proposte sono in quantità limitate ci può essere maggiore attenzione a ciò che viene visto, ma anche stupore per la mancanza della quantità a cui oggi siamo abituati. Se le immagini sono molte e tra loro molto affini, come avviene nell’uso dei mezzi tecnologici, si è portati a una selezione e a una immaginazione di breve memoria appiattita su cose molto simili tra loro e talvolta subentra, come aggravante, il ritenere scontato e vero anche ciò che non lo è. Oltre alla quantità bisogna dunque anche considerare la varietà e l’originalità delle immagini, il “non ancora visto” è uno stimolo in più per la nostra attenzione e memorizzazione.
La lettura di un romanzo e poi la visione di un film originato dal romanzo stesso, così come il viceversa, si presentano come esperienze tra loro differenti e interessanti per l’immaginario di chi le sperimenta. La priorità di visione del film rispetto alla lettura modifica la nostra percezione del racconto che, quando poi verrà letto, evocherà in noi anche parte dell’immaginario di chi ha realizzato il film. Nel caso contrario, leggendo prima il libro e successivamente vedendo il film, potremmo scoprire che la nostra immaginazione ci porta per strade molto diverse da quelle rappresentate nel film. Forse sono primariamente le parole lette e il racconto di qualche cosa ad attivare in modo più profondo l’immaginazione.
Occorre riflettere su quanto oggi si legge e sul proliferare di testi stringati e brevi video che possono portare alla graduale perdita di un linguaggio immaginario e visivo più riflessivo e profondo.
Nella memoria, parti selezionate tra parole e immagini costituiscono la base della nostra potenziale creatività e della relativa espressione artistica e nel riordino mentale saranno forse eliminate somiglianze e ripetizioni, così come quando si ordina un archivio cartaceo e i fogli simili per contenuto, vengono cestinati (destinati all’oblio). La varietà è importante.
Le immagini sono disegni, pittura, scultura, fotografia e forse anche altro. Il percorso per arrivarci
Il disegno è la primaria esperienza di quanto memorizzato. Nei primi anni di vita è anche la forma di rappresentazione che si può realizzare autonomamente. Per chi ne continuerà l’uso, il disegno sarà un compagno che prenderà la forma delle nostre riflessioni, anche quando si disegna senza un progetto predefinito. Assieme alla scrittura può essere considerato l’album che racconta l’esperienza. La pittura e la scultura assieme al disegno hanno la possibilità di rappresentare il pensiero artistico dell’autore combinato con la capacità di realizzazione pratica dell’opera, ovvero la tecnica e l’insieme degli accorgimenti usati per rendere l’idea in modo innovativo. Le fotografie sono le tipologie di immagini a cui, nella vita contemporanea, siamo maggiormente esposti, qualunque esperienza viene sempre più spesso fotografata e virtualmente esibita per dimostrare di avere vissuto, per suscitare commenti e per illudersi di essere vivi dentro a una comunità sempre più vasta, ma sempre meno fisica. La fruizione di immagini in virtuale è differente dalla fruizione delle stesse immagini in uno spazio fisico dedicato, il quale è invece un’esperienza più ricca, anche per il pensiero stimolato dall’attesa e dal percorso intrapreso per essere lì, in quel luogo, a vedere.
Nella fotografia analogica era forte l’attenzione allo scatto in quanto l’impressione su pellicola era da non sprecare. Oggi, nella foto digitale, si può avere una minore attenzione e fare più scatti rimandando la selezione di cosa conservare a un secondo tempo. Quando si arriva alla cancellazione degli scatti ridondanti (oblio), dopo il senso di perdita segue un senso di liberazione e come accade anche per talune opere pittoriche, il “meno è più”.
Gli strumenti tecnologici oggi, e sempre di più in futuro, ci offrono mezzi per rappresentare forme. L’AI generativa si propone come intermediario nella elaborazione del nostro pensiero, creando immagini o testi a partire da nostre parole (parole!) e attingendo a una memoria collettiva condivisa (in attesa di avere la possibilità di usare un’immagine del nostro cervello). Questa via ci arricchisce di elementi altrimenti a noi non disponibili data la vastità potenziale dei dati utilizzati. Quando l’AI potrà attingere anche dal nostro cervello il risultato sarà forse più simile a ciò che avremmo fatto noi, ma, se non impediti fisicamente, perché non farlo noi stessi e quindi evitare di accantonare questa esclusiva capacità creativa della persona che, se non esercitata, potrebbe decadere? Provo lo stesso dubbio se penso al Metaverso: perché immergersi esclusivamente o maggiormente in una realtà fittizia – la cui ricostruzione può essere fedele alla realtà, ma anche ricca di invenzioni, con il rischio di ritenere vero ciò che non lo è – allontanandosi così dalla relazione fisica?
Si tende ad accordare maggiore credibilità alle immagini anche quando sono dichiaratamente false, mentre cercare un testo, leggerne le parole e comprenderne il senso richiede tempo e maggiore impegno.
L’immaginario personale contribuisce all’intelligenza collettiva
L’immaginario sociale è costituito da pitture, libri, articoli, fotografie e tutto quanto reso disponibile dalle persone attraverso la tecnologia. Ciò che viene condiviso costituirà il patrimonio sociale e sarà usato per realizzare immagini e testi tramite gli strumenti di AI. Ciononostante, a lungo andare, i risultati potrebbero essere appiattiti su una forma di omogeneità perché derivati da un bacino d’utenza che si è alimentato con le sue stesse fonti. Forse verrà a mancare l’originalità, e semmai questa verrà trovata attraverso algoritmi che simulano tale capacità umana. I fruitori di tale esperienza potrebbero essere motivati a esprimersi con la propria immaginazione, per ripartire con un nuovo ciclo artistico.
Per esperienza personale, i cicli sperimentati e talvolta ripetuti nel corso del tempo sono il lavoro di dettaglio, l’astrazione di forme viste e incontrate, e infine il solo colore. Sento la necessità del solo colore per portare la mente a cercare una svolta, magari per poi ripetere un ciclo da tempo non esercitato. Infine è il bianco a riassumere le sensazioni – la tabula rasa apparentemente priva di elementi, ma densa di pieghe – che è insieme il dettaglio e la sintesi del tutto da cui ripartire per immaginare nuove figure.
La sintesi delle immagini
La ripetizione dei cicli artistici può accadere per necessità emotiva. Ogni volta si comprende che nuove interazioni hanno modificato l’immaginazione e di conseguenza anche il modo di esprimersi è diverso. Mi piace pensare che esista una sintesi dell’immaginario vissuto e che tale sintesi sia primariamente compresa nel risultato più o meno felice del produrre arte. Ciò che ognuno condivide con gli altri costituisce il contributo all’immaginario e all’intelligenza collettiva, la cui ricchezza dipenderà dal nostro viaggio e dalla scelta delle impressioni, immagini e parole trasmesse. Il rischio è che chi avrà maggiore visibilità potrà avere maggiore influenza senza la garanzia della qualità. Non resta che la necessità vivissima di mantenere spirito critico, capacità di ricerca e riflessione su ciò che ci viene proposto e su quanto possiamo costruire.
Il dettaglio deve essere raccontato, sarà utile ai sognatori per conoscere com’era, poi svanirà per lasciare spazio al solo colore, alle sensazioni che gli incontri, le immagini, i pensieri e le parole scambiate avranno trasmesso, e che il bianco (la memoria) ha nascosto tra le sue pieghe.
Maria Piera Branca
(Artista ed esperta di Informatica e Telecomunicazioni)